lunedì 30 gennaio 2017

Il mondo della conservazione si deve allenare per entrare in gioco in Wikipedia! EDIT-A-THON AL SALONE DEL RESTAURO 2016?

Una rubrica, fosse anche dedicata a questioni feline (successo incondizionato assicurato) non può che nascere dal proprio vissuto professionale o umano che sia. È un’osservazione banale. Se mi occupassi, in questa rubrica, di questioni legate alla diagnosi, stadiazione e terapia delle epatopatie metaboliche probabilmente non avrei molto da dire. Potrei aggiornarmi, studiare, cercare assistenza e sollievo mediante le nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione. Dovrei, in ogni caso, cercare contenuto e dovrei essere (diventare) nel frattempo esperto nel settore.

Cosa c’entra mai questa introduzione con il tema della rubrica che è, e continua ad essere, “Internet per il restauro”? Parlerò, per un pochino, ancora di Wikipedia (WP) dove, ovviamente, intendo riferirmi alle elaborazioni presenti nel settore di nostra competenza. Ne discuto tra me e me, ne parlo con il lettore che immagino interloquire e controbattere perché ambedue i versanti (recettore e comunicatore) sono immersi nelle problematiche relative alla conservazione ed al restauro. Diciamo, quindi, che qualsiasi scambio di informazioni finalizzato alla discussione dei contenuti non può che essere costruttivo; se avessimo sotto mano i materiali utilizzati nella costruzione lo sarebbe ancor di più.
Nel nostro caso i materiali sono dati dal sapere specifico. Chi mi conosce sa bene che sto al ruolo che lo specialista di settore può svolgere, ai problemi collaterali che, a partire da una non entusiasmante composizione del capitolo italiano di WP, giungono alla ormai assodata ritrosia dell’intellettuale italico a mettersi in gioco in attività di questo tipo partendo dallo scontato, banale ed errato pregiudizio per il quale WP è associata ad una sorta di lupanare dell’intelletto da evitare pena la dannazione del colpevole che ha osato sporcarsi le scarpe nel fango wikipediano.
Qual è l’utilizzabilità (attendibilità ed autorità) di Wikipedia? Abbiamo un esempio importante: Umberto Eco, scomparso il 19 febbraio, che in una delle sue famose Bustine di Minerva, nel 2009, titolò “Ho sposato Wikipedia? Quanto ci si deve fidare dell’enciclopedia on line? Ecco cosa mi è capitato e alcune regole per accertare l’esattezza delle informazioni” per descrivere la disavventura (vedremo meglio, successivamente, se di disavventura si tratti) vissuta con Wikipedia:
All’inizio sono intervenuto a correggere la voce che mi riguardava perché recava date errate o false notizie (per esempio diceva che ero il primo di tredici fratelli, mentre la cosa era accaduta a mio padre). Poi ho smesso, perché ogni volta che per curiosità andavo a rivedere la mia voce trovavo altre piacevolezze messe da chissà chi. Ora alcuni amici mi hanno avvertito che Wikipedia dice che ho sposato la figlia del mio editore Valentino Bompiani. La notizia non è per nulla diffamatoria ma – nel caso lo fosse per le mie care amiche Ginevra ed Emanuela – sono intervenuto a eliminarla. 
È chiaro, credo, che il focus di questo intervento vorrebbe essere questo: l’intellettuale e Wikipedia si debbono guardare in cagnesco oppure l’intellettuale potrebbe non perdere le sue specificità anche se contribuisse alla costruzioni di voci wikipediane? È un settore, quello della conservazione, che in linea di massima ha compiuto la sua scelta con modalità snob e, lasciate che lo dica, un pizzico di presunzione. Ma la posizione di Umberto Eco su Wikipedia quale era, con esattezza? Pochissimi conoscono l’intervista rilasciata dallo stesso a Milano il 24 aprile 2010 ad Andrea Zanni, membro del Direttivo di Wikimedia Italia divenuto negli anni successivi presidente di Wikimedia Italia, almeno sino all’inizio del 2016.
Nell’intervista Eco così si definisce:
Sono un utente compulsivo di Wikipedia, anche per ragioni artrosiche: quanto più mi fa male la schiena, quanto più mi costa alzarmi ed andare a cercare la Treccani, e quindi, se posso trovare la data di nascita di qualcuno su Wikipedia, faccio prima. (…) Io ho fatto una volta una distinzione fra le cose che fan bene ai poveri e le cose che fan bene ai ricchi, dove poveri e ricchi non ha una immediata connotazione in termini di danaro, ma in termini, diciamo, di evoluzione culturale... (…) Il computer in generale, e Internet, fa bene ai ricchi e fa male ai poveri. Cioè, a me Wikipedia fa bene, perché trovo le informazioni che mi sono necessarie, ma siccome non mi fido, perché si sa benissimo che, come cresce Wikipedia, crescono anche gli errori. Io ho trovato su di me delle follie inesistenti, e se qualcuno non me le segnalava, avrebbero continuato a restare lì. I ricchi sono coltivati, sanno confrontare le notizie. Io vado a vedere la Wikipedia in italiano, non sono sicuro che la notizia sia giusta, poi vado a controllare quella in inglese, poi un’altra fonte, e se tutte e tre mi dicono che quel signore è morto nel 371 d.C. comincio a crederci. Il povero invece becca la prima notizia che gli arriva, e buonasera. Quindi c’è per Wikipedia, come per tutto Internet, il problema del filtraggio della notizia (…) Se io devo fare una ricerca su Platone, individuo immediatamente i siti scritti da un pazzo, ma se devo fare una ricerca sulle cellule staminali non è sicuro che possa individuare il sito sbagliato. E il controllo interno redazionale mi pare che sia minimo, cioè non può controllare i milioni di notizie che entrano. Tutt’al più, può controllare proprio se un pazzo ha scritto che Napoleone è un cavallo da corsa, ma più di tanto non si può fare. 
Nella stessa intervista, quando si trova a discutere sulla “saggezza della folla”, portata avanti da James Surowiecki, giornalista americano, che afferma che quando sono presenti 4 parametri (indipendenza, diversità d’opinione, aggregazione, decentralizzazione), mediamente, il giudizio di una folla supera quello degli esperti, argomento addotto dal Zanni, Eco risponde:
Io qui correggerei. Io sono un discepolo di Peirce, che sostiene che le verità scientifiche vengono, in fin dei conti, approvate dalla comunità. Il lento lavoro della comunità, attraverso revisioni ed errori, come diceva lui nell’Ottocento, porta avanti “la torcia della verità”. Il problema è la definizione della verità. Se alla verità io fossi obbligato a sostituire “folla”, non sarei d’accordo. Se si va a fare una statistica dei 6 miliardi di abitanti del globo, la maggioranza crede che il Sole giri intorno alla Terra, non c’è niente da fare. La folla sarebbe pronta a legittimare la risposta sbagliata (…) Allora bisogna trovare un altro criterio, che è quello della folla motivata. Quelli che collaborano a Wikipedia, non sono soltanto un’aristocrazia, solo professori dell’università, ma neanche la folla indiscriminata: sono quella parte della folla che si sente motivata a collaborare a Wikipedia. Ecco, sostituirei alla teoria della “saggezza della folla” una teoria della “saggezza della folla motivata”. La folla generalizzata dice che non dobbiamo pagare le tasse, è la folla motivata che dice che è giusto pagarle. E infatti in Wikipedia non si inserisce lo zappatore o l’analfabeta, ma già qualcuno che fa parte, per il fatto stesso di usare il computer, di una folla colta. 
A cosa conducono, nel nostro caso queste osservazioni? Eco non si vergogna a dichiararsi come contributore di Wikipedia. Contributore, però, solo sulla sua voce per correggere e migliorare, più che altro per aggiungere informazioni. I suoi interventi, complessivamente, durano non moltissimi minuti e sono suddivisi in 3 diverse giornate, tra il 2006 ed il 2009, per un totale di 11 interventi (edits) complessivi. La voce Umberto Eco è stata costruita con 1330 edits, prendendo il via grazie ad un tal Andrea Sivieri che pare essere uno dei pionieri di Wikipedia, ovvero tra i primi contributori. Eco risulta all’ottavo posto tra i contributori della voce che conta 700 diversi editor. Una situazione molto particolare se si va a controllare altri casi (ad esempio taluni musicisti) che si auto-curano la voce con solerzia e con la stessa impostazione di pubblicitari professionisti.
Ma questo è il punto focale, Eco nell’intervista dichiara di essere intervenuto per correggere errori biografici tipo quello di non essere il primo di tredici figli e quello, in particolare poi che costituisce pure il titolo della Bustina di Minerva perché non aveva sposato una delle due figlie dell’editore Bompiani. Ma tra gli interventi di Umberto Eco su Wikipedia di queste cose non c’è traccia. Interviene, è vero, per indicare che ha 35 lauree honoris causa correggendo il precedente valore di 33. Introduce ed arricchisce note bibliografiche con abbondanza di dettagli, sempre, però, relative a se stesso.
Se sia intervenuto su “altri” potrebbe averlo fatto con diversa identità ma questa cosa non è dato sapere perché Wikipedia è un luogo di costruzione collettiva piuttosto che un luogo di verifica di identità.
Però rimane un dato di fatto: Eco adotta un falso retorico (doveva chiarire che non aveva sposato una Bompiani) per giustificare il proprio intervento. La sua dimensione di uomo enciclopedico avrebbe avuto problemi in Wikipedia? Non credo. Sembra sopravvivere, ben radicata, la convinzione che l’intellettuale debba entrare in Wikipedia solo se abbia da correggere dati su se stesso perché correggere (migliorare) notizie di altri personaggi assume un tono quasi di imbarazzo. Il gentlemen’s agreement prescrive questo.
Diverso è, nella citata intervista, l’uso dell’informazione ottenuta attraverso Wikipedia:
Ciascuno di noi, ormai, mentre lavora e ha bisogno di controllare un nome o una data, ricorre su Internet a Wikipedia. Per l’ormai sparuto manipolo dei profani ricordo che Wikipedia è una enciclopedia “on line” che viene scritta e riscritta continuamente dai suoi stessi utenti. Vale a dire che se voi cercate la voce, che so, “Napoleone” e vedete che una notizia è incompleta o scorretta, vi registrate, la correggete, e la voce viene salvata così, con la vostra integrazione. Naturalmente questo permetterebbe a malintenzionati o a pazzi di diffondere notizie false, ma la garanzia dovrebbe essere data proprio dal fatto che il controllo è fatto da milioni di utenti. Se un malintenzionato va a correggere che Napoleone non è morto a Sant’Elena ma a Santo Domingo, di colpo milioni di benintenzionati interverrebbero a correggere la illecita correzione (…). In tal senso Wikipedia sarebbe un bell’esempio di quello che Charles Sanders Peirce chiamava la Comunità (scientifica) la quale per una sorta di felice omeostasi espunge gli errori e legittima le nuove scoperte portando così avanti, come lui diceva, la torcia della verità. Quanto ci si deve fidare di Wikipedia, allora? Dico subito che io mi fido perché la uso con la tecnica dello studioso di professione: consulto su un certo argomento Wikipedia e poi vado a confrontare con altre due o tre siti: se la notizia ricorre tre volte ci sono buone probabilità che sia vera (ma bisogna fare attenzione che i siti che consulto non siano parassiti di Wikipedia, e ne ripetano l’errore) (…) Ma io ho fatto l’esempio di uno studioso che ha imparato un poco come si lavora confrontando le fonti tra loro. E gli altri? Quelli che si fidano? I ragazzini che ricorrono a Wikipedia per i compiti scolastici? Si noti bene che la cosa vale anche per qualsiasi altro sito, così che da gran tempo io avevo consigliato, anche a gruppi di giovani, di costituire un centro di monitoraggio di Internet, con un comitato formato da esperti sicuri, materia per materia, in modo che i vari siti fossero recensiti (o in linea, o con una pubblicazione a stampa) e giudicati quanto ad attendibilità e completezza. Ma facciamo subito un esempio, e non cerchiamo il nome di un personaggio storico come Napoleone (per cui Google mi dà 2.190.000 di siti), ma di un giovane scrittore diventato noto solo da un anno, e cioè da quando ha vinto lo Strega 2008, Paolo Giordano, autore de “La solitudine dei numeri primi”. I siti sono 522.000. Come si fa a monitorarli tutti? 
Ovvia la risposta che non si possono monitorare i siti. Ma Wikipedia è un’enciclopedia online, collaborativa e gratuita ed è liberamente modificabile: chiunque può contribuire alle voci esistenti o crearne di nuove. Ogni contenuto è pubblicato sotto licenza Creative Commons CC BY-SA e può pertanto essere copiato e riutilizzato adottando la medesima licenza. Ma occorre che il chiunque non sia il chiunque generico. Almeno non sia solo quello. Se io ho competenza nel restauro virtuale interverrò sulla voce restauro virtuale cercando di correggere errori, appropriazioni, inesattezze, malafede, ignoranza e presunzione. Ridicolo pensare che si possa avere a cuore l’accrescimento dell’informazione piuttosto che le medaglie sul proprio petto? Nel mio insignificante caso mi dichiaro colpevole di 1.536 edits (interventi di costruzione di nuove voci e/o variazione) che non sono, ovviamente solo concentrati nel nostro settore. Ma, l’idea di una specie di sessione di costruzione/correzione/verifica collettiva di una o più voci di Wikipedia nel campo della conservazione e restauro come la vedete? Nella versione in inglese di Wikipedia, ma curiosamente non ci sono traduzioni in italiano, esiste la voce edit-a-thon.
An edit-a-thon is a scheduled time where people edit Wikipedia together, whether offline, online, or a mix of both; typically focused on a specific topic, such as science or women’s history; a way to give new-comers an insight into how wikipedia works. Edit-a-thons improve the encyclopedia and can be a great way to help new Wikipedians learn to edit. (…) Why run an edit-a-thon? It helps build the encyclopedia It builds relationships in the community It is an opportunity for editors to learn from each other It can convince people to become new Wikipedians It can help new Wikipedians to contribute It is an opportunity to improve the quality of Wikipedia by accessing offline materials and experts It’s fun! There may be other benefits, such as promoting Wikipedia in cultural institutions, such as libraries or museums, but it doesn’t need to be more complicated than the reasons above.

La proposta è questa, semplice, chiara, elementare quasi. Perché non pensare di organizzare, in occasione del Salone dell’economia, della conservazione delle tecnologie e della valorizzazione dei beni culturali e ambientali che si tiene a Ferrara tra il 6 e l’8 aprile 2016 un edit-a-thon su temi conservativi, spiegarne il meccanismo, costruire il risultato, valutarne gli effetti e discuterne, ancora, su questa pagina? Così, infatti, sarà il 6 aprile e vi aspetto, alle 15:30, per discuterne.
Sintesi: mettiamo, finalmente, le mani in pasta

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